Il Movimento 5 Stelle è entrato in parlamento a febbraio, nonostante esistesse già da diversi anni. Tra le regole dettate, legittimamente, dal suo fondatore c'era quella di rinunciare a stipendi esorbitanti. Questa è una regola che tutti hanno sottoscritto nel momento in cui hanno accettato di candidarsi con il Movimento 5 Stelle e volendola dire tutta, buona parte del merito della loro presenza in parlamento va, piaccia o non piaccia, a Beppe Grillo, senza il quale il M5S non avrebbe certamente raggiunto e superato il 25% dei voti alle ultime elezioni. Rinunciare allo stipendio esorbitante significa rinunciare all'incirca a 500.000 euro in 5 anni. Inoltre la selezione fatta con le parlamentarie, il sistema usato dal M5S per reclutare i candidati al parlamento, certo non hanno permesso al M5S di garantire l'integrità per ognuno di essi. Neanche Beppe Grillo conosceva i candidati. Perciò trovo fisiologico che all'interno del gruppo ci sia chi creda fermamente e voglia rispettare le regole del movimento e chi no. L'uomo è umano. Dunque per un movimento che nella sua prima uscita politica raggiunge un risultato così sorprendente è assolutamente normale che ci siano dei dissidenti nel momento in cui il suo capo pretenda l'applicazione delle regole sottoscritte. Nessun clamore. Tutto fisiologico. Il M5S dopo questa scissione passerà con tutta probabilità ad una fase due, nella quale ci sarà più compattezza, dunque serenità, dunque regole democratiche. Per quanto riguarda una ipotetica alleanza dei dissidenti con il PD, non credo; con tutta probabilità i numeri non saranno sufficienti.
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